Giuseppe Garibaldi e la Romania

Giuseppe Garibaldi si presentò, allo stesso modo di Mazzini, quale strenuo difensore dei popoli oppressi. Non vi fu lotta di liberazione nella quale Garibaldi non fosse presente. Impugnando le armi o, almeno, intervenendo con i suoi scritti o con la sua parola, l'eroe si schierò sempre a fianco degli oppressi. Egli agì mosso dalla convinzione che la lotta per la liberazione degl'Italiani doveva fondersi con quella delle altre nazioni che perseguivano obiettivi analoghi. Nell'Europa orientale Polacchi e Ungheresi, Romeni, Serbi, Bulgari e Greci contarono sulla sua simpatia e sul suo aiuto. É quindi naturale che per essi Garibaldi sia diventato un vero e proprio mito.
Per quanto riguarda i Romeni, s'aggiungeva anche la coscienza del comune riferimento alla tradizione latina.

Garibaldi prese contatto diretto con i Paesi dell'Europa orientale e del Levante a quindici anni, nella veste di marinaio: - quando effettuò il suo primo viaggio a Odessa, a bordo del vascello «Costanza». A Costantinopoli nel 1832 egli conobbe alcuni seguaci del socialismo utopistico e a Odessa, nel 1833, egli venne a conoscere l'esistenza della «Giovine Italia» e, da quel momento, s'impegnò per tutta la vita nella lotta di liberazione della sua nazione e di tutti i popoli.

L'adesione al socialismo di Saint-Simon, conosciuto nel 1832 tramite Pierre-Ange-Emil Barrault, spinse il giovane Garibaldi a perorare la causa dei popoli oppressi e a recepire gli ideali cosmopolitici e umanitari. Nello stesso anno la dottrina sansimoniana cominciò ad essere diffusa da alcuni intellettuali in Valacchia, essa fu interpretata da Ioan Heliade-Radulescu e Nicolae Balcescu come fonte di indicazione politiche e motivo di stimolo alla lotta contro i turchi.

Tra il 1832 e il 1848 infatti ci fu una grande protesta sociale contro l'abolizione dei privilegi feudali. La questione contadina fu anche alla base dei movimenti del 1848 che furono repressi dalle autorità dei Principati della Moldavia e della Valacchia. Molti intellettuali furono costretti all'esilio e si rifugiarono nelle città europee come Londra, Parigi, Torino e entrarono in contatto con le correnti democratiche. A Parigi nel 1849 Balcescu e Batrianu fondarono l'associazione romena per la direzione dell'emigrazione che divenne il mezzo più importante per diffondere gli ideali mazziniani e garibaldini. Essi sperarono nella mediazione di Garibaldi per rivendicare la loro indipendenza dall'impero ottomano e per liberare la Transilvania dal dominio asburgico. La loro corrispondenza ricca di riferimenti alle eroiche gesta di Garibaldi e all'azione politica di Mazzini, rivela che negli ambienti dell'immigrazione rumena si parlava costantemente dell'eroe e dei suoi fatti d'arme.

L'11 settembre 1851 il comitato rivoluzionario rumeno, organizzato a Parigi da Nicolae Balcescu e da C A. Rosetti, accolse la proposta avanzata da Mazzini, Darasz e da Arnold Ruge, con la quale si invitavano i rumeni a proseguire la lotta per l'indipendenza del loro paese. La questione nazionale divenne così centrale per i patrioti rumeni che cercavano da un lato di opporsi all'impero austriaco e dall'altro di lottare contro le decisioni delle potenze europee.

Nel triennio 1859-1861 la stampa rumena dedicò ampio spazio non solo agli avvenimenti della penisola Italiana,che furono presentati in una luce positiva, ma anche allo stesso Garibaldi che fu presentato come uomo che “dona libertà agli oppressi e il pane agli affamati”. Il suo nome fu collegato alle vicende politiche che portarono alla fusione dei principiati danubiani e alla costituzione dello stato rumeno sotto il principe Cuza eletto il 5 in Moldavia e il 24 gennaio 1859 in Valacchia.

Anche l'impresa dei Mille ebbe una larga risonanza nella stampa rumena e furono esaltate con enfasi le gesta di Garibaldi, tanto da diventare un vero e proprio mito. La campagna liberatrice che Garibaldi condusse nell'Italia meridionale indusse molti giovani romeni ad arruolarsi nelle fila garibaldine sotto la bandiera ungherese. Nel corso del 1861 la fama di Garibaldi riscosse le simpatie anche dei poeti, che dedicarono versi vibranti di entusiastici elogi al “leggendario comandante”, “all'eroe illibato”, “all'angelo di grandezza” o “al successore dei grandi condottieri romani”. Sul periodico “Romànul” C. D.Aricescu (1823-1866) pubblicò l'ode A Garibaldi, che fu tradotta da Vegezzi-Ruscalla il 29 ottobre dello stesso anno sulla “Gazzetta di Torino”.

Garibaldi organizzò almeno quattro progetti di spedizione(1861-1862-1864-1866), diretti a coinvolgere le popolazioni dell'area danubiana-balcanica contro gli imperi austriaco e ottomano. In questo contesto trovano una spiegazione l'incontro con un gruppo di studenti rumeni e gli appelli rivolti ai popoli dell'Europa orientale. In quell'occasione, Garibaldi consegnò loro un messaggio, nel quale si ritrovano elogi della Romania e riferimenti alle sue affinità storiche con l'Italia: la ”comunità di sangue”e di”origine” dei popoli romeno e italiano intese come stimolo per proseguire la lotta contro la “barbarie turca”.

La mancata spedizione di Garibaldi del 1862 provocò una situazione di irrequietezza tra i garibaldini romeni, già scossa dall'insofferenza verso le nuove correnti liberali rumene che facevano capo a Kogalniceanu, a Odobescu e ad altri. La corrispondenza tra Garibaldi e Gustavo Frigyesi è emblematica per comprendere la progettata spedizione del 1864, anch'essa fallita per l'avversione della stampa filogovernativa e per le resistenze di Cuza. Garibaldi nutrì una sincera avversione verso la politica del principe romeno, criticato aspramente per la sua scelta di espellere l'emissario ungherese dalla Romania. Più aperti e decisamente orientati in senso garibaldino furono il “Romànul”di Rosetti e la “Bàlgarska pcela”(Ape Bulgara), entrambi espressione del gruppo liberale più avanzato. Dopo la guerra del 1866 e il profondo mutamento della situazione italiana con l'acquisto del Veneto, la vicenda garibaldina assunse un carattere nuovo. Essa non ebbe più spazio, ma offrì nuove possibilità di ripresa delle relazioni tra Garibaldi e i Romeni. Anche negli anni successivi Garibaldi si mostrò sempre interessato alle vicende dell'Europa orientale comprese quelle della Romania. La proclamazione della sua indipendenza fu accolta con grande entusiasmo.

Dopo la morte di Garibaldi, su iniziativa di Rosetti, fu costituito un comitato che promosse una sottoscrizione per erigere un monumento a Garibaldi nella capitale Romena.