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ALECSANDRI VASILE (Bacau 1821 - Mircesti 1890) Figlio di un dvornik moldavo, fu, oltre che poeta, uomo politico e diplomatico. Curò la raccolta delle poesie popolari romene, nell'intento di conservare la voce della Stirpe e di controbilanciare l'asservimento della letteratura romena alla cultura francese, rendendo contemporaneamente nota la Romania ai popoli europei. Della sua vastissima e multiforme produzione, ricordiamo la Hora dell'unità (Hora unirei), che è il canto della stirpe romena ed è tuttora cantato con immutato entusiasmo. La sua vita è compresa nell'arco di tempo che va dal 1819 al 1890. Fondamentali per la sua formazione furono i viaggi all'estero e gli studi compiuti a Parigi. Tornato in patria partecipò attivamente alla vita politica. Come scrittore si sforzò di conciliare gli influssi della contemporanea civiltà euroccidentale con le tradizioni del paese. Fu il primo a pubblicare una raccolta, in due volumi, di poesie popolari (1852 e 1853). Contribuì alla creazione del teatro nazionale con oltre 50 drammi, imperniati sui problemi politici e sociali del suo tempo e del suo paese. Alecsandri Vasile è uno del poeti rumeni più importanti prima di Eminescu. Nel 1840 fu nominato direttore del teatro nazionale a Iasy insieme a Negruzzi ed al Kogalniceanu. Da quel momento la sua vita fu collegata a tutti gli eventi sociali e culturali della Moldavia. Ebbe contatti proficui con Cavour durante molte sue visite a Torino e Napoleone III. Dopo l'abdicazione di Cuza si ritirò dalla vita politica. |
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BALCESCU NICOLAE (1819 Bucarest - Palermo 1852) Fu un storico rumeno, scrittore e rivoluzionario. Nato da una famiglia della bassa nobiltà, usò il cognome da nubile di sua madre Balcesti, al posto del nome di suo padre Petrescu Vâlcea. Balcescu studiò al Saint Sava College e fu un studente appassionato di storia. All'età di 19 anni, si unì all'esercito e nel 1840 partecipò al complotto contro il proprietario terriero D. Filipescu. La cospirazione fu scoperta e Balcescu venne incarcerato nel Convento di Margineni dove stette per due anni. Dopo la sua liberazione, con Ione Ghica e ChristianTell formò un'organizzazione segreta chiamata Fratia (Fratellanza). Per approfondire lo studio della storia, Balcescu andò in Francia e in Italia e divenne redattore di un periodico intitolato “Magazin istoric pentru Dacia” (Periodico Storia per Dacia), il quale fece la prima apparizione nel 1844. In seguito alle insurrezioni popolari in Francia nel 1844 Balcescu fu spinto a tornare a Bucarest e partecipare alla rivoluzione dell'11 giugno. Fu, per solo due giorni, Ministro e Segretario di Stato del governo provvisorio, eletto dai rivoluzionari. Come liberale, era per l'appropriazione delle terre per i contadini e per il suffragio universale. Balcescu fu arrestato il 13 settembre di quell'anno dalle autorità dell'Impero Ottomano che aveva soffocato la rivoluzione. Riuscì poi a scappare ed andò in Transilvania da dove fu espulso. Nel 1849 Balcescu era a Budapest per negoziare un accordo tra la Romania e i rivoluzionari Ungheresi, ma dopo che questo accordo fu firmato, la rivoluzione ungherese fu sconfitta. Come storico, il più grande lavoro di Balcescu fu Românii Supt Mihai-Voievod Viteazul ( I romeni sotto Mihai-Viteazul), opera che lui scrisse in esilio nel 1849, pubblicato più tardi da Alexandru Odobescu. Morì a Palermo di tubercolosi a 33 anni. |
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Fu uno dei più grandi statisti della Romania del diciannovesimo secolo. Nato a Pitesti in Valacchia, entrò nell'esercito nel 1838 ed andò a Parigi per studiare. Tornato in Valacchia, partecipò con il suo amico C. A. Rosetti ed altri politici alla rivoluzione del 1848 e diventò capo della polizia nel governo provvisorio di quell'anno. Dopo il ripristino dell'autorità russa e turca andò in esilio. Si rifugiò a Parigi e tentò di influenzare l'opinione francese per l'unione e l'autonomia dei Principati. Nel 1856 tornò in Valacchia con il suo fratello, Dimitrie Bratianu, in seguito uno dei suoi maggiori avversari politici. Durante il regno di Alexander John Cuza (1859-1866), Bratianu diventò un esponente importante dei Liberali. Ebbe un ruolo importante nel 1866 per la deposizione del principe Cuza e per l'elezione del principe Carlo di Hohenzollern, sotto il quale svolse parecchi incarichi ministeriali. Venne arrestato per la complicità nella rivoluzione di 1870, ma presto fu liberato. Nel 1876, aiutato da C. A. Rosetti, formò un governo liberale, che durò fino al 1888. Dopo la guerra Russo-Turca di 1877 e il congresso di Berlino, partecipò alla revisione della Costituzione e ad altre riforme. Dopo il 1883 Bratianu rimase da solo alla guida dei liberali, a causa di un disaccordo con C. A. Rosetti, il suo amico ed alleato politico per quasi quaranta anni. Morì nel 1891. |
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Fu avviato alla carriera militare ma si dimise nel 1831 e iniziò a viaggiare in Europa dedicandosi allo studio dell'economia e della politica Soggiornò a Ginevra, Parigi e Londra. Tornato in Italia amministrò con intelligenza innovatrice le tenute paterne, soprattutto quella di Leri Alla fine del 1847 entrò nella vita politica. Fondò, insieme con Cesare Balbo, il giornale Il Risorgimento , sulle pagine del quale sostenne l'opportunità di una guerra all'Austria e della concessione di uno Statuto. Fu deputato dell'ala liberal-moderata al Parlamento subalpino nel 1848, ministro dell'Agricoltura, Industria e Commercio nel 1850, delle Finanze nel 1851. Alleatosi con la sinistra di Rattazzi (il 'connubio'), divenne Presidente del Consiglio nel1852. Il successivo decennio fu il suo capolavoro politico. Riuscì a fare del Piemonte uno stato moderno, ma il suo genio rifulse soprattutto nell'attività diplomatica. Si dedicò alla restaurazione economico-finanziaria dello Stato applicando i principi del libero scambio e ottenne l'abolizione di numerosi privilegi feudali ed ecclesiastici. Nel 1855 stipulò un'alleanza con Francia e Inghilterra, in base alla quale il Piemonte partecipò alla guerra di Crimea e successivamente al Congresso di Parigi nel 1856, dove riuscì a porre il problema italiano all'ordine del giorno in Europa. Nel 1858 concluse con Napoleone III il trattato di Plombières, che gli assicurò l'aiuto della Francia contro l'Austria nella II guerra di indipendenza (1859). Dimessosi dopo l'armistizio di Villafranca, ritornò al potere all'inizio del 1860 e ottenne dalla Francia il riconoscimento delle annessioni dell'Emilia e della Toscana. Dopo la spedizione dei Mille, riuscì a dare una soluzione monarchica all'unità italiana, anche con l'invio dell'esercito a invadere lo Stato Pontificio così da fermare i garibaldini, sancita con la proclamazione del Regno d'Italia (17 marzo 1861). Coerente con la tradizione liberale, prima di morire indicò le vie per la soluzione della Questione romana, in base al principio della separazione tra Chiesa e Stato. |
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CARLO ALBERTO DI SAVOIA (Torino 1798 - Oporto 1849) Re di Sardegna (1831-1849). Figlio di Carlo Emanuele di Savoia, principe di Carignano, e di Albertina Maria Cristina di Sassonia, ricevette la prima educazione a Ginevra e compì i suoi studi a Parigi, dove subì l'influsso delle idee politiche francesi. Rientrato a Torino, dopo la caduta di Napoleone, e la restituzione del Piemonte alla casa di Savoia, non condivise l'impostazione reazionaria data da Vittorio Emanuele I. Amico dei giovani esponenti del liberalismo piemontese, era al corrente della cospirazione che sboccò nel moto del marzo 1821. Una volta assunta la reggenza, dopo l'abdicazione di Vittorio Emanuele I e data la lontananza del nuovo re Carlo Felice, concesse agli insorti la costituzione di Spagna che essi reclamavano (14 marzo), ma subito dopo fu sconfessato da Carlo Felice e costretto ad abbandonare il Piemonte. Morto Carlo Felice, Carlo Alberto poté finalmente succedergli nel 1831 e, nonostante una lettera di incitamento inviatagli da Mazzini, Carlo Alberto iniziò una politica assolutista e reazionaria, la cui espressione maggiore fu la repressione della cospirazione diretta dalla Giovine Italia (1833-1834). Fondamentalmente antiaustriaco Carlo Alberto attuò una serie di riforme che resero il Piemonte la regione più evoluta della penisola e gli scritti di Gioberti, Balbo e d'Azeglio rafforzarono la tendenza filopiemontese nata in Italia. Nel 1848 Carlo Alberto concesse lo Statuto ed entrò in guerra contro l'Austria, scossa dalle rivoluzioni di Vienna e di Milano. La Prima Guerra d'Indipendenza, dopo un inizio fortunato, prese un andamento sfavorevole, anche per le personali esitazioni del re, e si chiuse con la grave sconfitta di Custoza (25 luglio). Carlo Alberto, temendo di vedere le idee repubblicane trionfare nel proprio Stato, chiamò dapprima al potere Gioberti (dicembre 1848) e successivamente (12 marzo 1849) ruppe l'armistizio con l'Austria anche per sottrarsi alla rinnovata accusa di tradimento che gli rivolgevano i patrioti. Ma la ripresa della guerra si concluse quasi subito con la disfatta di Novara (23 marzo 1849), che provocò la sua abdicazione a favore del figlio Vittorio Emanuele II. Carlo Alberto si recò allora in esilio in Portogallo, dove morì di dolore alcuni mesi più tardi (28 luglio). |
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Discepolo di Gian Domenico Romagnosi, dedicò tutta la vita a studiare problematiche sociali ed economiche affinché l'Italia potesse evolversi, attraverso il progresso scientifico, verso una crescita produttiva. Si adoperò assiduamente per assicurare l'autonomia del Lombardo-Veneto, all'epoca sotto l'egemonia Asburgica, e auspicava la nascita di una federazione italiana indipendente. Grazie alla sua formazione positivista era fiducioso sul progresso scientifico per la rinascita, sia materiale sia morale, dei popoli. Cattaneo non considerava negativa la presenza del governo austriaco, anzi temeva che una repubblica secondo il programma mazziniano avrebbe potuto sacrificare l'autonomia dei singoli comuni e impoverito maggiormente il Mezzogiorno. Ciò che lo storico ed economista milanese chiedeva, era la concessione di maggiori riforme liberali, ma per ottenere la vera libertà e una reale indipendenza era necessario che le masse lavoratrici fossero educate. Nel 1848, fu possibile fare il primo decisivo passo avanti sulla via dell'unità e dell'indipendenza e Cattaneo fu Capo del Consiglio di guerra, leader indiscusso nelle Cinque Giornate che si conclusero il 22 marzo con la vittoria degli insorti. Da questa battaglia nascerà poi lo scritto L'insurrezione di Milano (1849). In seguito andò a Parigi e tornò nella sua città natale nel 1859. Sul finire di quell'anno fece risorgere il Politecnico , il periodico culturale di notevole rilevanza politica e culturale da lui fondato nel 1839, e che diresse fino al 1862. Nel 1860 fu a Napoli con Garibaldi, ma se ne allontanò quando vide l'impossibilità di imporre la soluzione federalista. Eletto più volte deputato, non andò in Parlamento per evitare di prestare giuramento alla Corona. Lasciò numerosi scritti, spesso frammentari. Morì nel 1869 a Castagnola, presso Lugano. . |
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CUZA J. ALEXANDRU (Galati 1820 -Heidelberg 1873) Di famiglia nobile ricevette una formazione europea. Nel 1848 Cuza, a causa delle sue idee liberali, venne imprigionato a Vienna. Presto però riuscì a fuggire. Cuza sostenne l'unione dei due principati, Moldavia e Valacchia. Egli stesso venne scelto principe di Moldavia (Moldova) il 17 gennaio 1859 e di Valacchia il 5 febbraio 1859. In questo modo, il colonnello Cuza realizza un'unione de facto dei due Principati rumeni. Sotto di lui, l'11 dicembre 1861 avvenne l'unificazione della Romania. L a giustizia, le comunicazioni, l'esercito e la moneta furono posti da Cuza sotto il controllo di un solo apparato politico e amministrativo. Negli anni del suo principato Cuza avviò un'attività legislativa, che favorì il processo unitario, ancora in una fase embrionale, e superò le profonde divergenze dei due principali gruppi politici (conservatori e liberali). Lo stato romeno perseguì una serie di riforme interne tendenti allo smantellamento del sistema feudale e al consolidamento della politica estera, che si concluderanno nel 1878 con il riconoscimento della indipendenza e della piena sovranità della Romania da parte delle potenze europee. |
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FRANCESCO GIUSEPPE I D'ASBURGO (1830-1916) Divenne Imperatore a diciotto anni nel 1848 in uno dei periodi più turbolenti nell'Europa del XIX secolo. Da allora e per 68 anni Francesco Giuseppe esercitò un potere quasi assoluto sull'Impero. Mantenne una posizione di netta opposizione al risveglio delle nazionalità che agitava l'Europa e che scuoteva i popoli del suo vasto Impero. Dal 1848 al 1866, la politica di Francesco Giuseppe era volta soprattutto al mantenimento dei possedimenti italiani, alla supremazia sui frammentati stati tedeschi. Il mancato intervento nella Guerra di Crimea isolò l'Austria in Europa, e soprattutto permise al Regno di Sardegna di rinsaldare la sua amicizia con Francia e Inghilterra. Grazie proprio all'aiuto dato in Crimea, il Regno di Sardegna ottenne a sua volta l'aiuto della Francia di Napoleone III nel 1859 che si concluse con la cessione della Lombardia al Regno di Sardegna. Le sconfitte del 1866 indussero Francesco Giuseppe a occuparsi dei territori orientali del suo stato e soprattutto del mai risolto problema dell'Ungheria. Nel 1867 si arrivò ad un compromesso con l'Ungheria, con cui quest'ultima otteneva una qualche autonomia. Da allora lo stato austriaco venne chiamato Austria-Ungheria. Dal 1870 alla fine del secolo, si passò da riforme federalistiche a ritorni del centralismo assolutista. Nel 1904 si tornò di nuovo a una riforma federale, venne concesso il suffragio universale, ma probabilmente troppo tardi per sopire le rivalità interne che dilaniavano l'impero. Dal 1872 Francesco Giuseppe si era riavvicinato alla Germania e dal 1882 anche all'Italia, firmando con i due stati la "Triplice Alleanza". Nonostante il parere di molti dei suoi consiglieri, si rifiutò sempre di dichiarare una guerra preventiva all'Italia o alla Serbia. Solo l'assassinio dell'erede al trono Francesco Ferdinando avvenuto a Sarajevo per mano di un nazionalista serbo, costrinse l'imperatore, (ormai più che ottantenne) a dichiarare guerra alla Serbia dando così inizio alla prima guerra mondiale. Guerra di cui non vide la fine, né vide la fine del suo impero. |
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Marinaio, entrò nella Giovine Italia, dopo aver conosciuto a Marsiglia Mazzini. Decise di partecipare alla rivolta di Genova nel 1834. Fallito il moto e condannato a morte in contumacia, si rifugiò nell'America del Sud, e combatté per la Repubblica de Rio Grande e per l'indipendenza dell' Uruguay. In quell'occasione nacquero le Camicie rosse. Tornato in Italia nel 1848, con un gruppo di volontari si batté prima contro gli Austriaci e fu poi tra i difensori della Repubblica romana. Caduta Roma, si sottrasse alla cattura riparando a San Marino. Fuggendo verso Venezia, perdette, uccisa dalle fatiche, la moglie Anita. Tornò di nuovo in esilio (Tangeri, New York, Perù), fino al 1854. Nel 1856 aderì alla Società Nazionale. Nominato generale dell'esercito piemontese da Cavour, per la guerra del 1859 arruolò 5000 volontari (i Cacciatori delle Alpi), vinse gli Austriaci a Varese e a San Fermo, entrò trionfalmente in Brescia; ma l'armistizio di Villafranca e, soprattutto, la cessione di Nizza alla Francia lo amareggiarono profondamente e raffreddarono i suoi rapporti con il governo sardo. Nel 1860, alla notizia della rivolta scoppiata a Palermo, organizzò a Genova la leggendaria spedizione dei Mille. Salpati da Quarto nella notte tra il 5 e il 6 maggio e sbarcati a Marsala l'11, i volontari occuparono tutta l'isola; quindi, attraversato lo Stretto di Messina, raggiunsero Napoli il 7 settembre. Dopo l'incontro a Teano con Vittorio Emanuele, Garibaldi si ritirò a Caprera. Ma non aveva rinunziato al proposito di fare di Roma la capitale d'Italia, e nel 1862 marciò verso la città. La minaccia di un'azione da parte di Napoleone III convinse però il governo italiano a stroncare l'iniziativa: sull'Aspromonte Garibaldi fu battuto, ferito e fatto prigioniero da soldati italiani. Trasferito a La Spezia , fu liberato poco dopo. Nel 1866, allo scoppio della III guerra d'indipendenza, accettò di nuovo il comando dei volontari, che guidò, in Trentino, alla vittoria di Bezzecca. Tornato all'antico proposito, di liberare Roma, nel 1867 diede inizio a un'intrepida azione, che si concluse infelicemente a Mentana .Seguirono la prigionia e il ritiro a Caprera. Dall'isola Garibaldi si allontanò solo una volta, nel settembre 1870, per offrire i suoi servigi alla Francia, contribuendo alla liberazione di Digione. Negli ultimi anni della sua vita si accostò a correnti socialiste in nome dei suoi ideali di umanità e di fratellanza universale. |
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GHICA ION (Bucarest 1816 - Ghergani 1897) Discendente di una famiglia nobile rumena, scrittore rumeno e leader politico, fu uno dei fondatori della Romania moderna. Studiò alla scuola San Sava e tra i suoi compagni di classe vi erano Nicolae Balcescu e C. A. Rosetti. Studiò legge e letteratura a Parigi dove incontrò Vasile Alecsandri. Fu a Parigi che Ghica divenne fautore dell'unione di Moldavia e Muntenia e fautore di "noi eravamo né Munteniani né Moldavi. Noi eravamo tutti i rumeni." Ghica e Balcescu divennero intellettualmente e politicamente inseparabili, tanto che quando Balcescu morì, lasciò tutti i suoi manoscritti a Ghica. Le sue monografie sono una fonte primaria per la nostra conoscenza della generazione rumena del 1848. Le sue Epistole a Vasile Alecsandri, in cui rivive l'epoca eroica del 1848, sono opera vivacissima nella rievocazione realistica e preziosa testimonianza diretta su fatti e personaggi dell'epoca Dopo la costituzione dei Principati uniti di Valacchia e Moldavia ricoprì alte cariche e fu primo ministro dal 1866 al 1871 . Fu anche Presidente dell'Accademia rumena, direttore generale del teatro nazionale, scrisse numerosi libri, incluso una serie di scritti che furono pionieristici per il liberalismo economico in Romania. . |
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GIOBERTI VINCENZO (Torino 1801 - Parigi 1852) Filosofo e uomo politico italiano. Dottore in teologia (1823), fu ordinato sacerdote nel 1825 e divenne cappellano di corte. Individuato come seguace delle idee liberali e repubblicane, fu arrestato nel 1833 dal governo piemontese perché sospetto di appartenere alla Giovine Italia, e poi esiliato. Dopo un soggiorno di circa un anno a Parigi, nel 1846, ormai famoso anche per il successo del suo libro il Primato morale e civile degli Italiani (1843), ritornò a Torino nel 1848. Divenne presidente della Camera e quindi Ministro della pubblica istruzione. Dopo le dimissioni rassegnate dal ministero Casati, in conseguenza della sconfitta dell'esercito piemontese e dell'armistizio di Salasco, passò all'opposizione. Divenne poi Primo ministro (dicembre 1848) appoggiato dal partito democratico. Comunque la sua fase di governo fu assai breve e cessò il 20 febbraio 1849. La novità apportata nella politica da Gioberti sta nell'avere individuato nell'immobilità attribuita alla tradizione italiana un primato e di aver visto nel cattolicesimo, la sintesi di tutti i valori della civiltà. Questo è il senso della sua opera, che diede origine al movimento neoguelfo, che proponeva come obiettivo politico una federazione degli Stati italiani sotto la presidenza onoraria del pontefice. |
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IANCU AVRAM (Vidra 1824 -1872) Quando nel 1848 gli Ungheresi mirarono a realizzare una grande Ungheria che incorporasse anche la Transilvania, senza tener conto dei Romeni che popolavano in maggioranza la regione, questi ultimi mossero una controrivoluzione. Avram Iancu, un giovane avvocato destinato a rimanere nelle leggende dei Romeni come «il re dei monti», organizzò i suoi conterranei, i Motzi dei Monti Occidentali, raggruppandoli in legioni comandate da tribuni secondo l'antica tradizione romana. I diecimila uomini di Iancu tennero testa agli insorti ungheresi fino all'arrivo decisivo dei Russi, ma furono successivamente uccisi. |
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MAMELI GOFFREDO (Genova 1827 - Roma 1849). |
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Figlio di Re Luigi Bonaparte d'Olanda e della Regina Ortensia di Beauharnais. Durante la sua gioventù fu membro della carboneria e questo ebbe effetto più tardi sulla sua politica estera. Venne eletto Presidente della Seconda Repubblica francese ( 20 dicembre 1848 - 2 dicembre 1852 ) ed in seguito Imperatore ( 2 dicembre 1852 - 4 settembre 1870 ) regnando con il nome di Napoleone III e dando origine al Secondo Impero francese. Fu detto dai critici Napoleon le petit. Imprigionato dopo il secondo tentativo di colpo di stato (Ottobre 1836 e agosto 1840 ), fuggì nel Regno Unito nel maggio 1846 e tornò dopo la rivoluzione del febbraio 1848 per vincere le elezioni presidenziali del 2 dicembre di quell'anno con un programma che prevedeva un forte governo, consolidamento sociale e grandezza della nazione. Il Presidente Bonaparte il 2 dicembre 1852 mise fine alla seconda repubblica e divenne poi imperatore esattamente un anno dopo, fondando in seguito il Secondo Impero, con il nome di Napoleone III. Ebbe un ruolo importante nel Congresso di Parigi del 1856. L'Imperatore strinse poi un'alleanza col Regno di Sardegna durante la Seconda Guerra d'Indipendenza italiana. Fu sconfitto nella guerra franco-prussiana e fu deposto dalla nascente terza repubblica a Parigi due giorni dopo la sconfitta di Sedan ( 1870). Egli morì in esilio in Inghilterra il 9 gennaio 1873. |
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Nato a Senigallia col nome di Giovanni Maria Mastai Ferretti il 16 giugno 1846 venne eletto Papa col nome di Pio IX, ed il suo pontificato di 31 anni rimane uno dei più lunghi della storia della Chiesa, e durò fino alla sua morte il 7 febbraio 1878. Nei primi due anni del suo pontificato governò lo Stato Pontificio con una progressiva apertura alle richieste liberali della popolazione, concedendo una costituzione. Comunque, il 24 novembre 1848 la rivolta che portò alla costituzione della Repubblica Romana lo costrinse a rifugiarsi a Gaeta. Nell'aprile del 1850 fece ritorno a Roma grazie alla protezione delle truppe francesi di Napoleone III. Durante il Risorgimento, Roma venne risparmiata dalla campagna del 1860 di Vittorio Emanuele II, ma nel 1870, alla caduta di Napoleone III, le truppe del Regno d'Italia entrarono a Roma ed il Papa si ritirò nel Vaticano, rifiutando di riconoscere il nuovo stato. Questa situazione, indicata come Questione Romana, durò fino ai Patti Lateranensi del 1929 .Dal punto di vista della religione, nel 1854 Pio IX dichiarò il dogma dell' Immacolata Concezione della Vergine Maria, e nel novembre del 1846 emise l'enciclica Quanta cura sui mali della modernità, seguita nel 1864 dal Syllabus con la condanna del liberalismo. Nel 1869 convocò il Primo Concilio Vaticano, che come principale risultato enunciò il principio dell'infallibilità del Papa. Alla sua morte, gli successe il Papa Leone XIII. |
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RADULESCU ION HELIADE (1802 - 1872) Fu tra gli iniziatori della letteratura romena moderna. Strenuo difensore della latinità del romeno, sostenne la necessità di eliminare i vocaboli slavi, ungheresi, turchi ecc., sostituendoli con altri di origine latina e italiana. Molto devono a lui il teatro e il giornalismo romeno. Fondò nel 1829 in Valacchia la rivista letteraria «Il corriere romeno» e fu esponente del romanticismo in quella regione. Govanni Eliade Radulescu fu il maggiore italianista rumeno del tempo, dal momento che considerava Mazzini la personificazione dell'intero pensiero italiano. Dal suo luogo d'esilio l'ultimo Radulescu invierà ai compagni relegati in Asia minore, copie di "Fede e Avvenire" |
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VITTORIO EMANUELE II (Torino 1820 – Roma 1878) Nato a Torino, Vittorio Emanuele II era salito al trono del Regno di Sardegna il 23 marzo 1849, in seguito all'abdicazione del padre, Carlo Alberto, avvenuta sul campo di battaglia di Novara dopo la sconfitta piemontese nella I guerra d'indipendenza. Mantenne in vigore e difese lo Statuto albertino, rispettò i limiti concessi al sovrano dalla carta costituzionale e si guadagnò l'appellativo di Re galantuomo. Pur essendo di sincera fede cattolica, sostenne negli anni Cinquanta la politica antiecclesiastica del governo piemontese e, nonostante i cattivi rapporti personali, assecondò la politica interna ed estera di Cavour. Nel marzo del 1861 fu proclamato primo re d'Italia. Trasferitosi con la corte da Torino a Firenze nel 1864, nel 1870, dopo la fine dello Stato Pontificio, si insediò nel Palazzo del Quirinale, a Roma. Vedovo dal 1855 della regina Maria Adelaide di Asburgo-Lorena (con la quale si era unito in matrimonio nel 1842), sposò morganaticamente la popolana Rosina Vercellana, dopo averla creata contessa di Mirafiori. Vittorio Emanuele II morì a Roma il 9 gennaio 1878. |
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VLADIMIRESCU TUDOR (1780 - 1821) Vladimirescu nacque nel 1780 a Vladimiri e fu uno dei più importanti eroi rivoluzionari romeni. Nato da una famiglia di contadini, all'età di 12 anni, venne mandato a Craiova a casa del boyar Glogoveanu, dove avrebbe poi imparato retorica, grammatica e la lingua greca. Divenne amministratore della residenza del boyar e nel 1806 fu nominato "vataf", comandante delle milizie locali a Closani. Volendo liberarsi dal governo dei fanarioti in Romania, guidò la rivolta della Valacchia nel 1821 come leader di un'armata di panduri. Il programma della rivoluzione venne emanato nei suoi proclami di Pades e di Bucarest. Divenne alleato della società rivoluzionaria greca Philikí Etaireía ( “fratellanza amichevole”), ma finì con l'essere assassinato proprio da alcuni membri di questa società. |